Adattamento del turismo montano alla carenza di neve

due persone in tuta da sci che fanno turismo montano in inverno

Il turismo invernale, con il suo fulcro negli sport sulla neve e le attività all’aperto, è una componente fondamentale dell’economia di molte regioni montuose. Tuttavia, l’impatto del cambiamento climatico e la crescente consapevolezza della necessità di pratiche sostenibili stanno cambiando il volto di questa industria.

Gli impianti sciistici sono da tempo un pilastro del turismo montano invernale. L’Europa è attualmente il più grande mercato globale del turismo sportivo invernale, con circa il 60% degli sciatori mondiali che sciano sulle piste del nostro continente.

Tuttavia, la loro esistenza è minacciata dal riscaldamento globale!

Nella preoccupazione dei fan del biathlon, degli sci, dello snowboard o del carving, uno studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change ha rivelato che, se le temperature globali continuassero ad aumentare, potremmo presto vivere in un mondo “post-sci”.

Più della metà delle stazioni sciistiche europee sperimenterà una grave mancanza di neve se le temperature aumenteranno di 2°C rispetto ai livelli preindustriali; un aumento di temperatura di 4°C, invece, porterebbe a una mancanza di neve nel 98% delle stazioni sciistiche.

In Italia il turismo invernale è un settore importante dell’economia. Tuttavia, anche in questi luoghi il cambiamento climatico ha portato a inverni più miti e a una diminuzione delle precipitazioni nevose, rendendo sempre più difficile mantenere piste sciabili per tutta la stagione.

Nonostante queste sfide, il settore in Italia ha mostrato segni di resilienza.

Ad esempio, nel 2023, 12 milioni di italiani hanno trascorso una vacanza sulla neve tra gennaio e marzo, generando un indotto economico di 9,6 miliardi di euro. Le regioni più frequentate sono state la Valle d’Aosta e il Trentino-Alto Adige, seguite da Piemonte, Lombardia e Abruzzo.

La creazione di neve artificiale è diventata una pratica comune nelle località sciistiche per compensare la mancanza di neve naturale. Tuttavia, questa pratica ha suscitato diverse controversie.

Per produrre questa neve infatti, sono necessarie grandi quantità di acqua ed energia, il che può avere un impatto significativo sulle risorse locali. Inoltre, la sua struttura molecolare è diversa da quella della neve naturale, il che può alterare composizione del terreno, vegetazione e biodiversità delle zone alpine. La produzione di neve artificiale può anche avere un impatto acustico significativo a causa del funzionamento degli impianti.

Il consumo energetico di questa produzione dipende dall’altitudine a cui è disponibile l’acqua. La posa di tubazioni per il pompaggio dell’acqua a monte richiede importanti lavori di sbancamento sulle montagne e opere edili che, sul lungo termine, danneggiano l’ecosistema montano. 

Vediamo alcune alternative alla ‘classica’ creazione di neve artificiale:

  • Lo snowfarming, che prevede la raccolta di grandi quantità di neve durante le stagioni più propizie e l’accumulo in spazi dedicati; questa neve viene quindi ricoperta da un isolante di segatura, seguito da teli speciali per ridurre al minimo l’assorbimento del calore solare, in attesa del riutilizzo nella stagione successiva.
  • Le nuvole artificiali sono il risultato di una tecnologia sviluppata da un gruppo di ricercatori austriaci. Questa tecnologia prevede l’introduzione di gocce d’acqua in un pallone posizionato a 3,5 metri di altezza, creando così una sorta di nuvola artificiale. La temperatura della camera d’aria fa solidificare le gocce d’acqua, formando cristalli che crescono e cadono dal pallone come se fossero neve.
  • “Neve verde” rappresenta l’invenzione di una startup trentina che ha ideato un generatore di neve sostenibile. Questo dispositivo utilizza energia rinnovabile derivante dal recupero di legname proveniente dai boschi locali, funzionando a temperature fino a 16 gradi centigradi e operando esclusivamente con fonti rinnovabili, senza l’impiego di additivi.

Come suggeriscono le Linee Guida per l’Adattamento della Convenzione sulle Alpi, di cui l’Italia fa parte, occorre puntare alla riduzione della dipendenza economica locale dall’attività sciistica. 

Le località turistiche possono offrire una gamma di attività all’aperto che non dipendono dalla neve, come l’escursionismo, il ciclismo montano, e altre attività ricreative.

Il settore ha necessità di essere riconvertito per ampliare l’offerta alternativa, e questo processo di riconversione può includere l’adozione di nuove tecnologie, l’implementazione di strategie di marketing innovative e l’espansione delle offerte di attività culturali e ludico ricreative.

In conclusione, l’adattamento del turismo montano alla carenza di neve richiede un approccio multidisciplinare che includa la diversificazione dell’offerta turistica, la riconversione del settore e l’implementazione di piani di adattamento al cambiamento climatico.

Così si può ridurre il consumo energetico ed attuare pratiche di gestione dell’acqua più efficienti.

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