Le piante aliene non vengono da Marte

landa marittima con piante aliene affacciate sulla spiaggia

Le piante aliene, non quelle con antenne e occhi a raggi X, ma quelle che invadono silenziosamente i nostri ecosistemi, sono un argomento curioso e sempre più attenzionato dagli scienziati. Immaginate una pianta che arriva su un nuovo pianeta, diciamo la Terra, e decide che è un ottimo posto per mettere radici, letteralmente.

L’introduzione di piante aliene, specie vegetali non autoctone di un determinato ecosistema, può avere effetti significativi sullo stesso. 

Queste specie, spesso introdotte dall’uomo volontariamente o accidentalmente, possono alterare l’equilibrio ecologico esistente. 

Studi come quello di IPBES evidenziano che le specie aliene invasive sono uno dei 5 maggiori fattori diretti di perdita di biodiversità.

Un gruppo di 45 ricercatori italiani e stranieri è arrivato a contare 1782 specie aliene; di queste, 250 sono invasive su scala nazionale, mentre 20 sono incluse nella lista nera dell’Unione Europea.

Si è anche osservato che le piante alpine autoctone stanno soffrendo a causa del cambiamento climatico, mentre le specie aliene tendono a prosperare, modificando così la biodiversità originale delle Alpi. 

Il cambiamento climatico gioca un ruolo cruciale in questo contesto dato che le aliene si stanno adattando meglio alle alte temperature.

L’impatto significativo è sulla biodiversità, con l’alterazione di ecosistemi e la riduzione della varietà di specie native. Inoltre, le piante aliene, possono introdurre malattie o parassiti ai quali le specie locali non sono resistenti, causando ulteriori danni. 

Le piante alloctone possono competere con quelle native per risorse limitate come luce, acqua e nutrienti spesso con una maggiore efficienza a causa della loro capacità di adattamento e assenza di predatori naturali.

Queste specie possono essere introdotte accidentalmente o deliberatamente in un nuovo ambiente tramite attività umane come il commercio, il trasporto, l’agricoltura o il giardinaggio

Una volta introdotte, possono diffondersi attraverso vari vettori come il vento, le acque superficiali, gli animali ed ancora l’uomo. Possono addirittura modificare la struttura e la composizione del suolo, influenzando negativamente la crescita di altre piante.

Tra le specie più note in Italia c’è la Robinia pseudoacacia, comunemente nota come acacia, originaria del Nord America e ora diffusa in molte regioni, dove altera la composizione delle foreste native. 

Un altro esempio è l’Ailanthus altissima, o albero del paradiso, che con la sua rapida crescita e capacità di rilasciare sostanze tossiche nel terreno, inibisce lo sviluppo di altre piante, ed ospita una serie di insetti invasivi nocivi. 

La Baccharis halimifolia, nota come ontano marittimo, è un’altra specie invasiva che si sta diffondendo nelle aree costiere, modificando gli habitat e mettendo a rischio la flora locale. Anche la Senecio inaequidens, o senecione del Capo, si sta rapidamente espandendo, soprattutto nelle regioni settentrionali, e può causare problemi alle colture agricole e ai pascoli. 

Queste sono solo alcune delle specie che hanno trovato condizioni favorevoli per prosperare, spesso a discapito di altre. Alcune infatti rilasciano sostanze chimiche che inibiscono la germinazione o la crescita di piante native, un fenomeno noto come allelopatia.

Questi cambiamenti possono avere effetti a catena sugli animali, ma anche sulle colture, sulla disponibilità di acqua e aumentare il rischio di incendi.

Il Regolamento Europeo n. 1143/2014 si propone l’obiettivo di prevenire e gestire l’introduzione e la diffusione delle specie esotiche invasive. 

Per l’Italia, il Decreto Legislativo 230/2017 vieta l’introduzione deliberata o per negligenza nell’UE di specie esotiche invasive di rilevanza unionale.

La gestione di queste piante segue un approccio integrato e gerarchico, che comprende la prevenzione, il controllo, l’eradicazione e il ripristino degli ecosistemi. In Italia, sono stati raggiunti successi significativi, come l’eradicazione della Ludwigia grandiflora nel Parco Regionale del Mincio attraverso interventi meccanici e idraulici.

Per prevenire ulteriori diffusioni di specie invasive, è fondamentale evitare l’introduzione di piante non autoctone e partecipare attivamente a programmi di monitoraggio gestiti da enti di vario tipo. 

Sensibilizzare la comunità intera sull‘identificazione e la gestione di queste specie è altrettanto importante. 

La presenza di piante aliene invasive solleva anche questioni interessanti riguardo alla resilienza e all‘adattabilità delle specie vegetali. Questo ci porta a riflettere su possibili scenari di vita su altri pianeti, dove potrebbero svilupparsi piante con caratteristiche del tutto diverse dalle nostre.

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