La sindrome NIMBY è un po’ come desiderare il giardino più verde del quartiere, ma rifiutarsi di annaffiare le piante perché non si vuole bagnare le scarpe. Tutti desiderano i vantaggi delle infrastrutture moderne, ma pochi sono disposti ad affrontare i piccoli disagi che ne derivano.
NIMBY, non nel mio cortile!
L’effetto NIMBY (Not In My Backyard, “Non nel mio cortile”) descrive la resistenza delle comunità locali alla costruzione di infrastrutture nelle loro vicinanze, nonostante il riconoscimento della loro utilità generale.
Coniato negli anni ’80, il termine è oggi centrale nel dibattito pubblico, soprattutto per progetti ad alto impatto ambientale e sociale, come discariche, centrali elettriche, impianti di trattamento rifiuti e infrastrutture di trasporto.
Le principali preoccupazioni sono legate alla salute, alla sicurezza, all’impatto sull’ambiente e alla perdita di valore delle proprietà immobiliari.
L’opposto del NIMBY è il movimento YIMBY (Yes In My Backyard), che sostiene lo sviluppo di infrastrutture e abitazioni, specialmente nelle aree urbane densamente popolate.
Gli YIMBY evidenziano i benefici come l’aumento dell’offerta abitativa, la riduzione dei prezzi, la creazione di posti di lavoro e il miglioramento dei servizi pubblici.
Esiste anche la variante WIMBY (Welcome In My Backyard), che esprime un’accettazione ancora più attiva dei nuovi progetti.
Progetti contestati
Il parco eolico di Middelgrunden, situato vicino a Copenaghen, è un esempio di gestione efficace del NIMBY.
Inizialmente, c’era una forte opposizione da parte dei residenti locali preoccupati per l’impatto visivo e ambientale delle turbine eoliche. Tuttavia, attraverso un processo di partecipazione pubblica e la possibilità per i cittadini di diventare co-proprietari del progetto, l’opposizione è stata superata.
Oggi, il parco eolico è un modello di successo per la produzione di energia rinnovabile e la partecipazione comunitaria.
In Italia, a Torino, il progetto di riqualificazione dell’area ex-industriale di Spina 3 ha affrontato e superato l’effetto NIMBY.
I residenti erano inizialmente contrari alla trasformazione dell’area in un nuovo quartiere residenziale e commerciale. Il comune ha risposto con un approccio trasparente e inclusivo, organizzando incontri pubblici e workshop per coinvolgere i cittadini nel processo decisionale.
Questo ha portato a una maggiore accettazione del progetto e alla creazione di un’area urbana moderna e vivibile.
Coinvolgimento attivo
Una gestione efficace della sindrome NIMBY richiede trasparenza, dialogo e coinvolgimento della comunità sin dalle prime fasi del progetto.
Ascoltare e rispondere alle preoccupazioni dei cittadini aiuta a costruire fiducia e a prevenire opposizioni basate su timori infondati, e mette al riparo dalle fake news.
Soluzioni di design innovative, che migliorano estetica e funzionalità, e opportunità di partecipazione economica, come la co-proprietà, possono trasformare la resistenza iniziale in supporto attivo.
Ne è un esempio la discarica di Peccioli, a Pisa, dove i cittadini del comune sono diventati co-proprietari dell’impianto, acquisendo un ruolo attivo nella gestione e beneficiando economicamente dai proventi generati.
Tuttavia, ostacoli come pregiudizi culturali, normative complesse, burocrazia e lunghi tempi autorizzativi possono rallentare il processo e aumentare la frustrazione delle comunità locali.
Anche il fattore politico gioca un ruolo chiave: molti leader evitano di sostenere progetti controversi per timore di perdere consensi, creando un vuoto decisionale che può aggravare le tensioni.
Infine, per superare queste sfide, è fondamentale adottare un approccio basato sulla comunicazione aperta, e sulla partecipazione attiva.
Play for the planet!