La deforestazione aumenta ancora

Immagine raffigurante la deforestazione parziale di un bosco verde

Solo nel 2022 sono sparite foreste per un’area equivalente alla Svizzera e, come è noto, la deforestazione è una delle cause principali del cambiamento climatico.

La deforestazione aumenta, incidendo sull’immissione di CO2 per circa l’11% a livello mondiale.

Ma quali sono le attività che provocano tale fenomeno?

L’agricoltura è il principale motore della deforestazione in tutte le regioni globali ad eccezione dell’Europa, impattando, secondo la FAO, per almeno il 50%, principalmente per la produzione di olio di palma (34%) e semi di soia (33%). Mentre, il pascolo del bestiame è responsabile di quasi il 40% della deforestazione globale.

Nell’aprile 2023, il Parlamento Europeo ha approvato nuove norme che obbligano le imprese a verificare che i prodotti venduti sul mercato europeo non abbiano contribuito alla deforestazione o al degrado forestale in nessuna parte del mondo, pena una sanzione fino al 4% del fatturato complessivo UE.

Tuttavia, l’UE non è sola al mondo, e la deforestazione non solo non è diminuita, ma è addirittura aumentata nel 2022 comportando un +6% della CO2 rispetto al 2021. È stata infatti registrata una perdita di 6,6 milioni di ettari di foresta, soprattutto nelle regioni tropicali.

Tutto ciò succede anche e soprattutto per ragioni geopolitiche, dal momento che le aree oggetto di diboscamento si trovano in gran parte in Amazzonia, Indonesia e Africa centrale.

Tuttavia, va rimarcato l’operato del presidente brasiliano Lula che ha ridotto l’abbattimento di foreste del 66% rispetto al 2022.

Nella medesima direzione vuole andare l’Indonesia, produttore primario di olio di palma con oltre 40 milioni di tonnellate all’anno. Almeno 200.000 ettari di piantagioni sono illegali e, pertanto, dovranno essere trasformate in foreste.

La stessa Indonesia che, però, è basilare per l’estrazione di nichel, componente essenziale di quelle batterie che ci dovrebbero regalare un futuro più sostenibile. Anche questo ha un costo, che stanno sperimentando direttamente gli indigeni Hongana Manyawa. L’Indonesia, insieme alla Filippine, detiene il 21% delle riserve mondiali di nichel e le varie case automobilistiche, e non solo, stanno gareggiando per accaparrarsi le forniture dall’industria locale, anche a discapito dell’enorme impatto ambientale che ne deriverà.

Uno studio appena pubblicato da scienziati brasiliani e britannici dimostra che la deforestazione dell’Amazzonia produce effetti sul clima non solo localmente, ma anche nel raggio di centinaia di chilometri, con variazioni delle temperature che oscillano da circa 1° a più di 4° dove la deforestazione raggiunge livelli elevati.

Se la deforestazione antropica è uno dei fattori nodali del cambiamento climatico, quest’ultimo, a sua volta, alimenta la deforestazione in conseguenza della siccità e degli incendi, innescando una spirale negativa di difficile risoluzione.

Senza contare che le foreste ospitano infatti la maggior parte della biodiversità terrestre, pur costituendo solo il 31% delle terre emerse, fondamentalmente in Brasile, Canada, Cina, Russia e Stati Uniti (più del 50%). La loro attività fotosintetica produce circa il 30% dell’ossigeno sulla Terra.

Azzerare la deforestazione entro il 2030 pare più un miracolo che un glorioso proposito della Cop26.

Esemplificando, la piantumazione di alberi (o di bambù) è un’attività molto importante per compensare il problema, ma, in quanto tale, troppo spesso strumentalizzata per pratiche di “greenwashing”.

Inoltre, riusciremo a ridurre la produzione di olio di palma, prodotto versatile ed economico, ma gravoso dal punto di vista ambientale?

E le estrazioni di nichel e di altri materiali che conseguenze avranno?

In conclusione, un fenomeno di questa portata non può prescindere, come dimostrato in Brasile, da politiche governative restrittive, se si guarda alle attività industriali, e ancor di più repressive, in riferimento alla recente condotta indecorosa e dannosa dei minatori e cercatori d’oro nella foresta amazzonica.

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